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Remarketing con Google Ads e Analytics: cos’è e come funziona

Chissà quante volte ti è capitato: cerchi un prodotto su Amazon o Ebay e poi, nei giorni successivi, te lo ritrovi in tutti i siti che visiti. Magia? Spionaggio? Stalking? Certo che no: è solo il remarketing, una forma di pubblicità molto comune ed efficace. Le statistiche d’altronde parlano chiaro: solo il 2% degli utenti converte alla prima visita, e del restante 98% che ne facciamo, vogliamo farcelo scappare? Ecco, il remarketing entra in gioco qui: è uno strumento potente che serve a coinvolgere nuovamente utenti che hanno già visto il nostro sito e a invitarli a riconsiderare la nostra offerta trasformandoli in clienti paganti.

Vuoi un esempio? Eccolo qua!

Remarketing con Google Ads e Analytics: cos’è è come funziona

Sembra banale, ma il fatto che gli annunci vengano mostrati a persone che sono già entrate in contatto con la tua azienda, che ti conoscono e sanno chi sei, permette di lavorare contemporaneamente su due fronti contrapposti:

  • Attirare nuovi clienti, magari proponendo un’offerta calibrata su un determinato segmento;
  • Fidelizzare chi ti ha già scelto, evitando che queste persone si rivolgano alla concorrenza.

È chiaro quindi: il remarketing non può mancare nella cassetta degli attrezzi di un buon marketer. Ma, nella pratica, come si fa? Vediamolo subito.

Innanzitutto è necessario raccogliere degli elenchi di utenti che hanno visitato il tuo sito, che hanno visto determinati contenuti o svolto determinate azioni. Per fare questo abbiamo due strade: possiamo impostare il remarketing attraverso il tag di Google Ads oppure appoggiarci a Google Analytics.

In questo articolo, approfondiremo il secondo approccio in quanto, a nostro parere, si tratta di una modalità più immediata e veloce che permette una maggiore profilazione. Ciò ovviamente non significa che una scelta sia necessariamente da preferire all’altra: il remarketing funzionerebbe in egual modo.

Per impostare il remarketing tramite Google Analytics è necessario che il tag omonimo sia presente sul sito e che gli account Google Ads a Google Analytics siano collegati.

Inoltre, vanno attivate la funzione di generazione dei rapporti di remarketing e quella per la pubblicità, sempre dentro Analytics. Per farlo, clicca su “Amministrazione” e “Informazioni sul monitoraggio”; vai a “Proprietà” e attiva i due pulsanti all’interno della sezione “Raccolta dati”.

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Ora procedi a creare i segmenti di remarketing: torna su “Amministrazione”, vai a “Definizione dei segmenti di pubblico” e, sotto proprietà, scegli “Segmenti di pubblico”.

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La scelta di chi “inseguire” e quanto tempo lasciare che rimanga iscritto nelle liste, dipende da molti fattori non ultimi il tipo di business, la customer journey e la finestra di conversione. I segmenti che si possono creare sono molteplici: tra i più comuni ci sono tutti i visitatori del sito, quelli che hanno realizzato una conversione, quelli che hanno completato un acquisto e chi ha abbandonato il carrello. Utilizzare queste liste, magari combinandole tra loro, attraverso esclusioni calibrate, può aiutare ad avere performance positive nelle proprie campagne.

Che tu abbia creato uno solo o tutti quanti questi segmenti, se hai collegato correttamente gli account scoprirai che, su Google Ads, la libreria condivisa conterrà al suo interno tutte le tue liste e che, una volta popolate, potrai utilizzarle per implementare le tue strategie di vendita.

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In generale, quando si parla di campagna di remarketing, si fa riferimento a banner pubblicitari pubblicati sulla rete display.

In passato, se si voleva creare una campagna di remarketing, una volta stabilite le normali impostazioni (budget, località, lingua, data di fine, strategia d’offerta) era necessario caricare molteplici formati di banner di diverse dimensioni: tanti quanti erano gli spazi da occupare nei siti. Si trattava di un lavoro lungo e non semplice.

Oggi, con grazie all’arrivo degli annunci display adattabili, le cose sono più semplici, è sufficiente caricare una serie di asset testuali e grafici e il sistema elabora il tutto in completa autonomia:

  • 2 loghi (orizzontale e quadrato);
  • almeno 2 immagini (orizzontali e quadrate);
  • fino a 5 titoli da 30 caratteri;
  • un titolo lungo da 90 caratteri;
  • fino a 5 descrizioni da 90 caratteri;
  • il nome dell’attività.

Inseriti questi elementi, sarà Google a sperimentare diverse combinazioni e produrre tutti i formati necessari per occupare gli spazi disponibili. Questo nuovo formato d’annuncio, ovviamente, non sostituisce l’attenzione, la professionalità e la qualità di banner prodotti da grafici professionisti, ma costituisce comunque un’alternativa che, in ottica di ottimizzazione delle performance, andrebbe affiancata ai banner tradizionali, magari proprio per confrontare le performance di due gruppi di annunci interni alla stessa campagna.

Il remarketing è un argomento molto più ampio e complesso di quanto si possa pensare, ne esistono varie tipologie: “standard”, dinamico, forme basate sull’uso di email, video o applicazioni mobili.

Tutte però sono accomunate dallo stesso principio: sfruttare elenchi di persone che hanno interagito con noi in qualche modo, per costruire strategie volte ad aumentare conversioni e, possibilmente, transazioni.

Non va visto come la panacea di tutti i mali, il proverbiale asso nella manica, ma piuttosto come un elemento che, se inserito all’interno di una strategia più ampia e coerente di web marketing, può portare ottimi risultati.

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